Tracciare il profilo delle divinità minori mesopotamiche non è una impresa facile, soprattutto quando la maggior parte delle fonti a loro riguardo sono di un periodo, quello accadico, in cui il corpus religioso e letterario sumero veniva modificato a seconda delle esigenze delle varie popolazioni semite che succedettero il dominio di Sumer.
Se di personaggi come Enki ed Enlil abbiamo svariate fonti che ci permettono di stabilire nel dettaglio la loro genealogia, le discendenze, le opere e gli attributi, nel caso di personaggi minori come Dumuzi, Ningishzidda, Ishkur, Nanna e altri l’impresa è molto più ardua.
Addirittura disperata è tracciare il profilo di personaggi come Gibil, Ereshkigal, o anche la primeva Ninmah/Ninhursag la quale ha sempre avuto un basso rango tra gli dei, e di conseguenza, pur essendo una dea di ‘prima generazione’, ha subito tutta una serie di trasformazioni iconografiche e letterarie che causano un altissimo livello di incertezza.
Nel caso del personaggio Ningishzidda abbiamo la (relativa) fortuna di avere a disposizione ben quattro inni a lui dedicati; si tratta però, salvo un caso, di lodi che poco ci dicono sul suo conto, e che anzi mostrano, essendo stati scritti in periodo tardo, un alto livello di sincretismo con altre divinità successive. Per esempio raccogliendo le varie fonti ci troviamo davanti a una incerta genealogia. Stabilire con certezza le relazioni di parentela tra Ningishzidda e altre divinità è praticamente impossibile, e bisogna accontentarsi di deduzioni legate spesso ai suoi tratti caratteristici o alla probabilità.
Andiamo ora a scoprire il personaggio come lo si può conoscere dalla letteratura sumera e dagli studi di sumerologi ortodossi.
Il Ningishzidda ‘ortodosso’
Tutti i sumeroLogi ortodossi concordano nel collegare Ningishzidda all’Abzu. Loro traducono e identificano l’Absu come il ‘regno dei morti’ e assegnano a Ningishzidda, che ne entra ed esce a piacimento, la funzione di psicopompo, sopratutto in relazione alla sua apparente capacità di ‘apparire nei sogni’.
Il nome Ningishzidda secondo gli studiosi ortodossi significa “Signore del buon albero” (T.Jacobsen / J. Halloran) o “Signore che fa crescere gli alberi in maniera corretta” (J.W. Bell); questo personaggio viene legato, oltre agli ‘Inferi’ anche al concetto di fertilità, sia perché un lemma del suo nome (GISH) può essere tradotto come ‘Pene’, sia a causa del termine ‘albero’, sia a causa del suo vessillo, una coppia di serpenti intrecciati.
acobsen nelle sue opere afferma che i serpenti intrecciati sono una rappresentazione delle radici aggrovigliate. Inoltre, collegando questa somiglianza al particolare legame con l’Abzu (considerato il luogo delle acque sotterranee), egli asserisce tutto questo quadro emergente fa del vessillo del dio una metafora “di come le radici intrecciate vadano verso il basso a cercare le acque).
Oltre a ciò, come vedremo, gli studiosi legano il dio alla costruzione dei templi, come testimonia la stele di Gudea che racconta di un sogno in cui il dio gli descrive come costruire l’Eninnu di Lagash e il Girsu, dedicati a Ninurta.
Esaminiamo alcuni dei passaggi che nei testi a lui dedicati ci danno indicazioni sulle sue relazioni di parentela.
Dunque finora abbiamo scoperto dai testi il padre (Ninazu), la madre (Ningirida), la promessa sposa (Azimua) e la/una sorella (Amacilama) di Ningishzidda.
Scopriamo inoltre da quest’ultimo mito che il dio aveva altri nomi:
Lugal.ki.bur2.ra (Signore della terra del diluvio impetuoso)
Lugal.ki.sun5.na (Signore della terra dove entrano gli uomini)
Ningishzidda aveva inoltre vari epiteti, vediamone alcuni:
Principe di Ekur
Falco predatore degli dei
Serpente dalla grande lingua
Detentore delle tavole
Puro e grande mago
Dragone
Tutti questi nomi ed epiteti ci indicano che nonostante fosse un dio ‘minore’ questo personaggio era tenuto in grande considerazione presso entrambe le fazioni del pantheon sumero, quella enlilita e quella enkita. Il fatto che entrambe le fazioni lo avessero ‘benedetto’ si conclude ancora da alcune frasi negli scritti che lo riguardano.
Nel balbale a Ningishzidda, versione Ningishzidda A, leggiamo:
“The merciful king (i.e. Enki) entrusted you from your birth with your words of prayer.”
La conferma che si tratti di Enki la abbiamo alla fine del poema:
“O king, honeyed mouth of the gods! Praise be to Enki.”
Nel testo Ningishzidda C invece leggiamo:
“Ninjiczida, beloved of An, through you the early flood occurs, and Enki rejoices at you. […]Enlil says “Hail!” to Ninjiczida. He makes known ……, and creates it for you in the Land.”
E nel Ningishzidda D:
“An has given power to you, princely son”
Gli studiosi ortodossi ci dicono che a Ningishzidda era dedicato un tempio, di cui non abbiamo il nome (alcuni propongono: Eningishzidda o Egishbanda), situato a Gishbanda, una città che gli archeologi non hanno mai ritrovato ma che suppongono essere nel sudovest della Mesopotamia.
Andiamo ora ad analizzare alcuni tratti del personaggio che vengono fuori dai testi a lui dedicati:
“born in the shining great mountains,” – “great hero, the king’s right arm on the battlefield” – “Lord with holy dignity, imbued with great savage awesomeness” – “falcon preying on the gods, my king — dignified, with sparkling eyes, fully equipped with arrows and quiver, impetuous leopard, murderous, howling mushushu” – “dragon snarling in the lagoon, raging storm” – “your mouth is that of a pure magician” – “You fall upon the river as a flood-wave, you rise in the fields as a devastating flood”
Sono frasi che ci fanno capire quanto vasta fosse l’influenza di Ningishzidda, una influenza che nessuno degli altri dei della sua generazione ha mai avuto. In un certo qual modo nemmeno Marduk né Inanna o Dumuzi, personaggi di spicco nella letteratura mesopotamica, hanno un range di epiteti così variegato. Nemmeno Ninurta, il ‘grande pastore – guerriero di Enlil’ ha un raggio d’azione così vasto.
Impariamo che Ningishzidda è nato in mezzo alle montagne, che è un valoroso guerriero, che è ‘pericoloso’ come un mushushu (il serpente dragone di Marduk), che è legato alle inondazioni, che è un ‘mago’, e che presiede o prende parte alla coltivazione dei campi. Ningishzidda inoltre è un mediatore, una delle sue rarissime rappresentazioni in forma umana lo ritrae mentre presenta Gudea a Ninurta/Ningirsu.
Fin qui il Ningishzidda ‘ortodosso’. Arriviamo dunque a chiederci: come mai un personaggio simile non ha lasciato tracce più evidenti nella storia mesopotamica? Come mai abbiamo solo 4 inni parecchio brevi e un solo racconto su di lui? Come mai insomma, nella letteratura sumera e accadica, Ningishzidda è così ‘anonimo’? Sembra quasi che a questo dio non fosse ‘destinata’ la fama in Mesopotamia. E come vedremo fu proprio così. A Ningishzidda toccò invece un dominio tutto suo in un’ altra zona del globo, e la fama come uan delle maggiori divinità dell’Egitto.
Per rendercene conto dobbiamo dare una occhiata al Ningishzidda ‘alternativo’, quello riscoperto da Zecharia Sitchin negli ultimi 30 anni, e dare una occhiata alle nuove ed inedite nozioni che mi pregio aver aggiunto, in seguito ai miei studi, a quelle di Sitchin. Esse fungono da collegamento tra i due modi di considerare la figura di Ningishzidda.
Ningishzidda secondo Zecharia Sitchin
Se evitiamo di fermarci ai testi sopra citati, e se evitiamo considerazioni (a mio avviso) del tutto gratuite come quella di Jacobsen sulle radici, possiamo permetterci di avere una visione più ampia di questo strano personaggio, in particolar modo basandoci sulla iconografia e sulle incongruenze che i testi a lui relativi e alcuni altri documenti fanno sorgere.
Anticipo qui sotto alcuni tratti identificativi del dio che si possono desumere dal materiale iconografico e dal confronto dei vari testi.
L’associazione di questo giovane dio con Enki è legata alla sua iconografia: Ningishzidda era rappresentato dal serpente o da due serpenti intrecciati, a volte intorno a un bastone. Il serpente è il tipico attributo enkita (Enki era rappresentato dal serpente, e Marduk si accompagnava con il serpente Mushushu). È importante specificare che NESSUN dio enlilita è assocciato al serpente. Dalla letteratura ci giunge una tavoletta (‘Enki nell’Absu’ o ‘Enki ed Ereshkigal’) che narra di un viaggio di Enki nell’Absu, e di suoi rapporti sessuali con Ereshkigal. Il mito precedentemente citato, ‘Il viaggio di Ningishzidda nel mondo sotterraneo’, dal quale apprendiamo il nome di una sorella del dio, ci rivela anche che sua madre è Ereshkigal:
e2-ba la-ba-te-te […] ki derec-ki-gal-la-/ka\
[…] je26-e ama-ju10 ki aj2-ja2-[ni-ta]“You (towards Ama-cilima ) shall not draw near to this house, […] to the place of Ereckigala.
My mother […] out of her love.”
Ningishzidda è dunque legato al ‘mondo di sotto’, l’Absu, tramite Ereshkigal e anche tramite Enki, il quale era padrone dell’ Absu mentre Ereshkigal ne era regina ‘ad honorem’ assieme a suo marito Nergal. Sitchin asserisce che Ereshkigal stessa, figura enlilita sorella di Inanna, avesse ricevuto l’Abzu in dono da Enki.
Il nome Ningishzidda secondo Sitchin significa ‘Signore del manufatto della vita’. Egli sostiene che suo padre Enki gli trasmise le proprie conoscenze in campo medico-biologico, e che questo giovane dio fosse in grado, addirittura, di ‘riportare in vita i morti’, una capacità che lo stesso Enki aveva, e per il quale viene attestata per esempio nel mito della ‘discesa di Inanna nel mondo di sotto’.
Le nozioni di Sitchin confermano il legame di Ningishzidda con la costruzione dei templi, ma egli non si limita a parlare del Girsu per Ninurta; infatti l’ autore attribuisce al dio la costruzione di almeno tre centri megalitici sparsi per il globo: le piramidi di Giza, Teotihuacan, e Stonehenge.
Per capire questa attribuzione è bene chiarire che Sitchin identifica, sulla base dei miti, dei tratti caratteristici, e della iconografia, Ningishzidda con il dio egizio Thot (e anche Enki con Ptah e Marduk con Ra) e con il dio mexicano Quetzalcoatl. Da questa identificazione si possono mettere in evidenza tante altre nozioni riguardanti questa figura. Prima fra tutte la conferma delle capacità ‘magiche’ in relazione alla medicina. Thot infatti riporta in vita Horus punto dallo scorpione. Thot era il dio della magia e della scrittura, infatti veniva rappresentato spesso con lo stilo dello scriba in mano.
Le stesse caratteristiche aveva in Mexico Quetzalcoatl, il dio ‘serpente piumato’ o ‘serpente alato’, il quale, secondo il mito, giunse via mare con alcuni seguaci (gli Olmechi, una popolazione mista ormai provata come composta in buona parte da africani negroidi).
Quetzalcoatl portava con se il ‘segreto del tempo’, infatti il più antico calendario mesoamericano ha come data di partenza il 3113 a.C., data di arrivo del Serpente Piumato. Sitchin identifica questa data come il momento in cui Thot su scacciato da Ra (Marduk) dall’ Egitto.
Sitchin, nell’identificare Ningishzidda con Thot, lo lega indissolubilmente alle piramidi di Giza affermando che fu questo dio a progettarle come punto di segnalazione per la discesa degli dei dal cielo verso lo spazioporto situato nel Sinai. La grande conoscenza del dio in materia astronomica e astrologica si manifesta nell’ orientamento di queste piramidi con la cintura di Orione come appariva sull’Egitto intorno al 10.500 a.C., data quindi attribuita da Sitchin per la costruzione delle piramidi. Thot era anche il dio che intercedeva per il faraone morto in modo che questi potesse ‘salire al Duat’ che, appunto, era identificato con Orione.
In seguito alla costruzione delle piramidi, per testimoniare questo evento, fu costruita la Sfinge dal corpo di leone (per indicare che la costruzione era avvenuta nell’ Era del Leone) e con il volto del dio Ningishzidda che ne era stato il progettista.
Le piramidi erano senza dubbio la più grande opera di Ningishzidda il quale, scacciato da suo fratello Marduk/Ra intorno al 3150 a.C., cercò una nuova terra in cui stabilirsi. Secondo Sitchin questa ricerca lo portò in Mexico, dove fondò dei nuovi centri tra i quali il principale fu Teotihuacan.
Lì fu adorato, come Quetzalcoatl, il dio che riassumeva i caratteri zoomorfi del serpente (simbolo della sua appartenenza alla dinastia enkita) e dell’uccello (come ‘falco degli dei’ sumeri e come Ibis egiziano).
Ma Sitchin evidenzia anche un altro aspetto della conoscenza di questo dio: quello legato alla misura del tempo che si manifestava in costruzioni orientate astrologicamente in maniera da poterne usufruire come ‘calendari’.
È in questa ottica che Ningishzidda è visto come responsabile della progettazione di Stonehenge (o quantomeno della sua prima fase). Questo sito infatti ha una caratteristica che passa inosservata se considerata nel solo ambito della cultura preistorica inglese, ma che si rivela illuminante se considerata a livello globale, una caratteristica introdotta da Sitchin e sulla quale nessuno più ha indagato. La prima fase di Stonehenge infatti consisteva in una serie di buche e in sette lastroni di pietra disposti a cerchio. Di queste sette lastre, sei erano in posizione perfettamente circolare, mentre una (la Heel Stone) era posta al di fuori di questo cerchio immaginario come per costituire un ‘punto di mira’ o un ‘punto di osservazione’ esterno. La stessa disposizione che troviamo, 7 secoli dopo, nel cortile del Girsu dedicato a Ninurta, a pochi chilometri da Lagash.
Le mie considerazioni
Voglio proporre qui alcune considerazioni nate dai miei studi sia ortodossi sia relativi alle teorie di Zecharia Sitchin in relazione al personaggio Ningishzidda. Inizierò col discutere le discrepanze relative ai genitori del dio, per poi affrontare due temi più inerenti il dio stesso: la sua identificazione con Thot e con Quetzalcoatl.
Come abbiamo visto i testi asseriscono che i genitori di questo dio erano Ninazu e Ningiridda.
Come dobbiamo interpretare questa discordanza tra la versione ortodossa e le conclusioni di Sitchin?
La risposta a questa domanda mi fu suggerita analizzando un documento chiamato ‘Sumerian Pantheon of major deities’ che riporta i pantheon degli dei mesopotamici a seconda del periodo e della localizzazione geografica, documento redatto in base alle analisi di studiosi come Kramer e Cunningham.
Nel pantheon ‘standard’ di Nippur troviamo:
Dobbiamo risalire fino ai figli di An per capire bene il discorso. An aveva da sua moglie KI (Antu) 2 figli, Enlil e Ninhursag, e dalla sua concubina Nammu un altro figlio (il primogenito), Enki.
In questo pantheon, che è il più antico ed è nazionale, le figure di Ningiridda, Ninazu e Ningishzidda non compaiono, mentre compaiono varie divinità minori.
Nel pantheon regionale di Lagash (successivo di circa 600 anni) invece abbiamo una situazione molto differente:
La prima cosa che notiamo è che qui An ha tre figli maschi e una femmina. La femmina però non è Ninhursag, come nel pantheon nazionale, ma Baba (Gula in vari miti). Ed ecco nascere la figura di Ninazu come figlio di An. Ningishzidda è dichiarato figlio di Ninazu, del quale però non sappiamo, da questo pantheon, chi è la moglie.
Solo nella tabella riassuntiva compilata dai sumerologi veniamo a sapere che la moglie di Ninazu era Ningiridda:
Cerchiamo altre informazioni su Ninazu.
Dal sito Gateways To Babylon (basato su lavori ortodossi) leggiamo che:
“Ninazu is a Sumerian god and His name means Lord Healer. Ninazu appears in cuneiform literature under several, sometimes quite contradictory aspects, and His might be very well the case of different traditions being fused around a single divine name in the course of time. […]Ninazu is also called ‘the Lord who stretches the measuring line over the fields’, and the epithet is related to the establishment of field boundaries after flooding”
Abbiamo una prima indicazione che Ninazu potrebbe, appunto, essere un personaggio nato dall’unione di aspetti di varie divinità.
Infatti Ninazu è stato associato, nel tempo, a tante divinità, tra le quali Nanna ed Enki, stranamente entrambi personaggi legati alla Luna. Nanna era il famoso Sin, signore della Luna nel pantheon enlilita, mentre Enki era associato alla Luna ben prima di Nanna.
Si afferma anche che un epiteto di Ninazu era legato al misurare i confini delle terre dopo le inondazioni, una caratteristica che troviamo nella mitologia di Enki (mai in quella enlilita), di suo figlio Marduk, e in quella di Ningishzidda come abbiamo visto nella prima sezione di questo articolo.
Leggiamo inoltre che Ninazu aveva un fratello chiamato Ninmadu, col quale è protagonista di un mito riguardante la nascita dell’ agricoltura a Sumer. Il mito (chiamato dagli studiosi ‘Ninazu e Ninmadu’ o ‘La nascita del grano’ o ancora ‘come il grano arrivò a Sumer’) narra di come la gente in tempi antichi mangiasse ‘erba come le pecore’. Solo grazie a Ninazu e Ninmadu gli uomini conobbero il grano poichè Anu lo portò dal cielo alla montagna di Enlil.
Il mito ‘Una balbale per Ninazu’ afferma chiaramente che suo padre è Enlil:
“The father who engendered you, the Great Mountain Enlil, has made your name glorious.”
a-a ugu-zu kur gal den-lil2-le mu-zu pa bi2-in-e3
Ciò contrasta sia con il pantheon di Lagash che lo vede fratello di Enlil, sia con il pantheon di Nippur, il pantheon principale e relativo proprio alla città di Enlil, che non lo nomina affatto.
I caratteri distintivi di Ninazu e il fatto che sia descritto come figlio di An e fratello di Enlil, a mio avviso sono sintomo di un errore o della voluta creazione di una divinità a se stante, o di una errata interpretazione degli studiosi del secolo scorso.
E’ un dato di fatto che il nome Ninazu sia indissolubilmente legato a Enki. Sia la traduzione ortodossa (Nin.azu = signore guaritore) sia quella ‘alternativa’ (che però è basata sulla traslitterazione ufficiale dell’ ETCSL: Nin.a.zu = signore delle acque della saggezza / saggio signore delle acque) rimandano univocamente ad Enki.
Enki era un guaritore, fu lui a creare Adapa, era il signore delle acque (come attesta il suo nome Ea), ed era il signore della sapienza.
Possiamo allora riassumere i vari aspetti di Ninazu:
tenendo conto che tutte queste nozioni sono contemporanee (periodo accadico) e della congruenza dei significati linguistici, identifico Ninazu con Enki.
Nel venir reso un personaggio della regione di Lagash e nel passare alla fazione enlilita, egli viene privato del suo simbolo distintivo, il serpente, che però stranamente risulta associato a suo figli Ningishzidda. Il chè sarebbe l’ unico caso di presenza del serpente in tutta la dinastia proveniente da Enlil.
Cosa possiamo dire invece della madre di Ningishzidda? Il nome Ningiridda, come possiamo vedere nell’ articolo riguardante l’ analisi linguistica del nome Ningishzidda, si scrive traslitterato Nin.gir.id2.da, che si può tradurre in: ‘Signora delle stabili acque’ o semplicemente ‘signora delle acque’. Purtroppo dai miti non abbiamo nessun’ altra indicazione su Ningiridda, e non risultano testimonianze iconografiche. La mia ipotesi è che questo nome sia un epiteto di Ereshkigal, il cui nome classico significa ‘Signora (Eresh è un equivalente di Nin) della grande terra’. L’ Abzu come detto era una terra associata alle acque sotterranee, ed è strano che Ereshkigal non avesse un nome che rimandasse a questa caratteristica. La mia soluzione è che il nome Ereshkigal fosse il nome con cui questa dea era chiamata ‘al di fuori’ del suo dominio dell’ Abzu, o comunque precedentemente al suo insediarsi nell’ Abzu, mentre Ningiridda fosse il nome con cui le si rendeva giustizia di questo dominio.
Veniamo ora alla identificazione di Ningishzidda con Thot. Quali indizi abbiamo che leghino queste due divinità?
Sappiamo che Thot era il dio con la testa dell’ uccello Ibis. E’ quindi evidente un primo parallelo con Ningishzidda che aveva, tra i suoi epiteti, ‘Falco predatore degli dei’. L’Ibis inoltre è strettamente legato al serpente, animale a cui dà la caccia.
L’ibis sacro in Egitto veniva mummificato e posto vicino alle sepolture o dentro casa come amuleto.
Un’ altra caratteristica di Thot, poco divulgata, è che era legato anche alla figura del serpente, come attesta un murale nella tomba di Seti I che lo ritrae appunto con due serpenti attorcigliati ai suoi bastoni.
Thot era indissolubilmente legato al mito del viaggio di Osiride nel Duat, e alle cerimonie che si tenevano dopo la morte dei faraoni, cerimonie che altro non erano se non il tentativo di far ripercorrere al faraone morto lo stesso viaggio fatto da Osiride, che partiva da Rosteau (Giza) per arrivare fino al Duat. Questo viaggio veniva compiuto sia in luoghi sotterranei, sia via barca su un fiume.
Nel caso della identificazione di Ningishzidda / Thot con il Serpente Piumato adorato nel mesoamerica col nome di Quetzalcoatl, abbiamo ancora una serie di somiglianze nei tratti distintivi, e ancor più nella iconografia.
Come Ningishzidda, Quetzalcoatl era un dio legato al tempo, alla costruzione, alla vita. Era un abile architetto, progettò ed eresse Teotihuacan. Quetzalcoatl era legato all’uccello Quetzal , ma anche al serpente. Di particolare interesse è una rappresentazione del dio poco documentata, ma che paradossalmente sembra essere tra le più antiche: Quetzalcoatl con un bastone al quale stanno attorcigliati due serpenti.
Sono dunque inglobati nella figura del Serpente piumato entrambi gli aspetti zoomorfi associati a Ningishzidda, eppure l’ evidenza maggiore non si ha tanto nella rappresentazione del dio, ma in quella delle sue opere. Abbiamo già detto che il complesso di Giza doveva in qualche modo essere il ‘capolavoro’ di Ningishzidda. Ebbene una volta esiliatosi nel Mexico, il dio volle replicare la sua grande opera creando Teotihuacan che è orientata esattamente come il complesso di Giza:
(Alessandro Demontis)